giovedì 24 luglio 2008

DIECI

Era un'ora terribile e dovunque il traffico era intenso. Impiegai quaranta minuti per an­dare da casa Mori a casa Raffi nonostante si trovasse a pochi chilometri.

Parcheggiai e rimasi un attimo seduto e fermo per scaricare la tensione nervosa della guida. L’appartamento si affacciava su Via Gregorio VII e aveva un’entrata indipendente. Suonai il campanello. Una donna uscì da casa Raffi attraversò il piccolo giardino e si diresse verso di me. Do­veva avere circa sessant’anni, anche se si muoveva con la disinvoltura di una giovane. Dietro le lenti, i suoi occhi erano neri e brillanti. Indossava un serio abito grigio e un grembiule messica­no a colori vivaci.

- Siete voi che volete vedere il signor Raffi?

- Sì, sono Alfonsi.

- Io sono la signora Franchi. Si è appena seduto a pranzo e dice se volete unirvi a lui. Ama avere compagnia mentre mangia. Avevo preparato solo per noi due, ma vi offrirò volentieri una tazza di tè.

- Prenderò il tè, signora Franchi.

La seguii in casa. L'ingresso, vi­sto superficialmente, aveva un aspetto imponente, ma il pavimento di legno era consumato e le pareti erano scure di muffa.

La sala da pranzo era più alle­gra. La tavola era apparecchiata per una persona: argenteria pulita su una candida tovaglia. Un vec­chio dai capelli bianchi stava finen­do di mangiare. La donna mi pre­sentò. II vecchio depose il cucchiaio, cercò di alzarsi in piedi, e mi porse una mano nodosa.

- Sedetevi e non fate caso alla mia artrite. La signora Franchi vi porterà una tazza di caffè.

- Tè - lo corresse la signora. - II caffè l'abbiamo finito. Ma indugiò ancora nella stanza, eviden­temente curiosa di sentire quello che avrei detto.

Gli occhi di Raffi ebbero un guizzo. Affrontò subito l'argomento.

- Questa rivoltella per cui ave­te telefonato... devo pensare che sia stata usata per scopi illeciti.

- Probabilmente. Non lo sap­piamo ancora.

- Ma se è no, avete fatto un sacco di strada per nulla.

- Nel mio lavoro bisogna cor­rere anche certi rischi.

- Siete un detective privato, ve­ro?

- Esatto.

- E per conto di chi state lavo­rando?

- Per l'avvocato Giovanni Orazi.

- Giovanni Orazi?

- Sì, lo conoscete?

- Ci siamo incontrati due o tre volte tramite uno dei suoi clienti. Ma tanto tempo fa... forse trent'anni fa. Estelle è morta da ventiquat­tro anni...

- Estelle?

- Estelle Mori, la vedova del giudice Mori. Una donna favolosa!

La donna, che ancora indugiava sulla soglia, mostrò segni di disagio.

- È una storia vecchia, signor Raffi. Al signore le vecchie sto­rie non interessano.

Raffi rise.

- È l'unica storia che conosco. Signora Franchi, dov'è il tè che avevate così gentilmente offerto? - La donna uscì e chiuse l'uscio. - È convinta che io sia una sua cosa personale - spiegò il vecchio. - Ma non è così. Credo di aver di­ritto ai miei ricordi, del resto.

- A me interessano i vostri ri­cordi, infatti, soprattutto quelli che riguardano la Colt che compraste nel settembre del 1951. Pare che sia stata usata per sparare a un uomo, la scorsa notte.

- Che uomo?

- Sandro Pesce.

- Mai sentito. È morto?

- Certo.

- E voi state cercando di vedere un nesso tra la mia rivoltella e que­sta morte?

- Non esattamente. Può esserci un nesso oppure no, e io voglio sa­perlo.

- La perizia balistica non vi ha detto niente?

- Non ho ancora avuto la rispo­sta.

- Allora, credo che dovrei aspettare a parlare, no?

- Se siete colpevole, certo, si­gnor Raffi.

Rise talmente che gli scivolò la dentiera. La rimise velocemente a posto, mentre arrivava la signora Franchi con il vassoio del tè.

- Cosa c'è dì così divertente ? - volle sapere.

- Voi non lo trovereste ridicolo, signora Franchi. Il vostro senso dell'umorismo è piuttosto scarso.

- Come il vostro senso di op­portunità, del resto. Per un uomo di ottant'anni, ex presidente di una banca... - Depose il vassoio con un gesto brusco che servì a completare la sua frase. - Limone o latte, si­gnor Alfonsi?

- Liscio, prego.

Versò il tè in due tazze cinesi spaiate. Mi chiesi quali fossero le condizioni economiche di Raffi e che fine avesse fatto la sua banca. Nell'andamento della sua casa c'era una pretesa di eleganza che sembra­va sopravvivere per forza.

- Il signor Alfonsi sospetta che io abbia commesso un omicidio - disse il padrone di casa in tono di vanteria.

Lei non trovò la cosa affatto ridi­cola. Il suo viso divenne scuro, la bocca le si piegò in una smorfia. Guardò Raffi aggrot­tando la fronte.

- E allora, perché non gli dite la verità? Sapete bene di aver dato quella rivoltella a vostra figlia, e sa­pete anche la data esatta.

- State zitta!

- No! Volete ingannare voi stesso e io non ve lo permetterò. Sie­te un uomo intelligente ma non avete abbastanza cose con cui occu­pare la mente.

Raffi non se la prese, anzi sembrò compiaciuto da questa pre­occupazione affettuosa. E la sua re­ticenza circa la rivoltella, forse, non era stata che un gioco.

La signora Franchi invece era molto preoccupata.

- Chi è stato ucciso?

- Un assicuratore di nome Sandro Pesce,

Scosse il capo.

- Non so proprio chi potrebbe essere. Bevete il tè prima che si raf­freddi. Volete un pezzo di torta, si­gnor Alfonsi? C’è n'è rimasta ancora da Natale.

- No, grazie.

- Io ne voglio - fece Raffi - con un cucchiaio di gelato.

- Il gelato è finito.

- Sembra che sia finito tutto, in questa casa!

- No, c'è quanto basta per mangiare. Ma il denaro non lo si può moltiplicare.

Lasciò di nuovo la stanza. Raffi si guardò attorno, piuttosto a disagio. La presenza della donna aveva dato a quel locale un calore diverso, che ora non c'era più.

- Mi dispiace di quello che ha detto sul conto di mia figlia, e io spero che ora voi non vorrete lan­ciarvi in quella direzione. Non ne ricavereste nulla.

- Perché?

- È vero che diedi a Luisa quella rivoltella nel 1955, ma l'ar­ma venne rubata dalla sua casa qualche anno dopo, nel 1964, per essere esatti. - Pronunziò le date con enfasi: evidentemente era mol­to orgoglioso della propria memo­ria. - E questa non è una storiella ad hoc.

- Chi rubò la rivoltella?

- E come potrei saperlo? Nella casa di mia figlia ci fu un furto.

- Come mai le avevate dato la rivoltella, innanzitutto?

- È una storia vecchia e triste - disse. - Mio genero l'aveva ab­bandonata e la lasciò alla deriva con Claudia.

- Claudia?

- Mia nipote, sua figlia. Quelle due poverette erano sole e abbando­nate. Luisa mi chiese la rivoltella per sentirsi tranquilla. - Ghignò.

- O forse sperava che lui tornasse.

- Chi era quest'uomo?

- II mio egregio genero Enrico Mieli. Se Enrico fosse tornato, Luisa l’avrebbe ucciso, ne sono sicuro.

- Che cosa avete contro vostro genero?

Rise.

- Domanda eccellente! Ma, col vostro permesso, credo che non ri­sponderò.

La signora Franchi ci portò due fette di torta. Notò l'avidità con cui ingoiai la mia.

- Ma voi avete fame! Vi farò un panino.

- Non vi disturbate. Sto per an­dare a pranzo.

- Nessun disturbo.

- Il signor Alfonsi - si intro­mise Raffi - vorrebbe sapere che cosa mi ha fatto Enrico Mieli. Devo dirglielo?

- No. State parlando troppo, si­gnor Raffi.

- Le sottrazioni di Enrico sono a conoscenza di tutti.

- Non più. Lasciate le cose co­me stanno. Tutti noi potremmo es­sere peggiori di quello che siamo. Anche a Roberto ho detto la stes­sa cosa. Quando si parla degli antichi guai, non si fa che far rivivere il passato.

Raffi reagì irritato.

- Pensavo che vostro marito vi­vesse a Firenze.

- Roberto Franchi non è mio marito. È il mio ex-marito.

- Continuate a vederlo?

La donna si strinse nelle spalle.

- Non posso farne a meno quando viene a farmi una visita. E si che faccio del mio meglio per sco­raggiarlo.

- Ecco allora dove sono finiti il caffè e il gelato!

- No, non ho mai dato a Franchi un solo boccone del vostro cibo e un solo centesimo dei vostri soldi!

- Siete una bugiarda!

- Non offendetemi, signor Raffi. Queste cose non le consento, nemmeno a voi.

Raffi sembrava stranamente contento. Aveva di nuovo attirata su di sé l'attenzione della donna.

Mi alzai.

- Devo andare!

Nessuno dei due disse niente. La signora Franchi mi accompagnò all'uscio.

- Spero che abbiate trovato quello che stavate cercando.

- In parte. Sapete dove vive sua figlia?

- Sissignore. - Mi diede un in­dirizzo di Ostia. - Ma non di­tele che ve l'ho detto io. La moglie di Enrico Mieli non mi è amica.

- Sembra che sopportiate bene la cosa. Claudia Grazioli è la figlia della signora Mieli?

- Sì. Non ditemi che Claudia è coinvolta in questa storia?

- Temo proprio di sì.

Che guaio! Ricordo Claudia quando era un piccolo innocente angioletto. Claudia e mia figlia Rita sono state molto amiche per anni. Poi tut­to è cambiato... in peggio. Sto parlando troppo anch'io e sto facendo rivivere il passato.

1 commento:

Spirit ha detto...

Ho ripubblicato il capitolo "DIECI" in quanto durante la trascrizione del vecchio scritto ho erroneamente dato altri nomi. Me ne scuso.