TRENTADUE
Verso sud, lungo la costa, la giornata era chiara e ventosa. Betty mi portò direttamente alla Clinica di Sandri. La compitissima signorina al banco di accettazione mi informò che il dottor Sandri era con un paziente e che non poteva essere disturbato. E sarebbe stato occupato anche per tutto il resto della giornata, compresa la sera.
- E lo sarà anche per tutto il resto della settimana, vero?
- La donna mi guardò con chiara disapprovazione.
- Siete certo di non volere il medico di guardia?
- Certissimo. È Nicholas Mori il paziente che è con lui?
- Non sono autorizzata a rispondere a questo genere di domande.
- Posso vedere la signora Sandri?
La donna non rispose subito. Finse dì consultare alcune carte.
- Vediamo se è possibile - rispose infine. - Volete ripetermi il vostro nome?
Glielo dissi. Scomparve dietro un uscio. Nello stesso istante udimmo un urlo disperato e pieno di dolore. Betty e io ci guardammo.
- Potrebbe essere Nick - disse. - Che gli stanno facendo?
- Nulla, Nick non dovrebbe essere qui.
- E dove allora? A casa sua, a legger tranquillamente qualche libro?
- Dostoievskij magari!
- Anche qualcosa di più leggero.
- Come «Piccole Donne» ? Non mi capite, signor Alfonsi. Siete di nuovo paternalistico.
- E tu bambineggi.
Moira e la ragazza di prima uscirono insieme dallo stesso uscio; Moira mi guardò sorpresa e poi guardò Betty con uno sguardo che esprimeva invidia e sdegno.
- Che cosa diavolo è successo, signor Alfonsi? - mi domandò.
- Sono stato colpito per sbaglio, se vi riferite a questo - risposi toccandomi il braccio sinistro. - Nick Chalmers è qui?
- Sì, è qui.
- Era lui che urlava?
- Urlare? Non credo. - Era sconcertata. - Abbiamo molti pazienti nel reparto isolamento. Nick non è uno dei più disturbati.
- Allora non avrete nulla incontrario che noi gli parliamo. La signorina Orazi è la sua fidanzata.
- Lo so.
- ... ed è molto in ansia per lui.
- Non è il caso di preoccuparsi - ma lei stessa sembrava molto turbata. Mi dispiace, non posso lasciarvi entrare. Il dottor Sandri ha deciso così. Probabilmente è convinto che Nick abbia bisogno di solitudine.
- Possiamo parlarne privatamente, signora Sandri?
- Certo, venite pure nel mio ufficio.
Il gesto dell'invito escludeva Betty. Seguii Moira in uno studio che era in parte salotto, in parte archivio. La stanza era senza finestre. Moira chiuse a chiave la porta e vi si appoggiò contro.
- Sono prigioniero? - chiesi.
- Sono io la prigioniera e vorrei tanto poter uscire di qui. Ma non posso.
- Tuo marito non ti lascia andare?
- È un po' più complicata, la storia. Sono prigioniera di tutti i miei errori passati... oggi mi sento in vena di sentenze... e Raffaele è uno di quelli. Tu sei l'ultimo.
- Che cosa ho fatto di sbagliato?
- Nulla. Pensavo di piacerti, tutto qui. - Aveva perduto il tono ufficiale di prima. - E l'altra notte ho agito in base a questa impressione.
- Era un'impressione giusta.
- E allora perché mi tormenti?
- Non volevo farlo. Ma pare che ci troviamo su sponde opposte.
Scosse il capo.
- Non lo credo. Tutto quello che voglio è una vita decente, una vita possibile, per tutti quelli che sono coinvolti in questa faccenda, me compresa.
- Cosa vuole tuo marito?
- La stessa cosa, secondo le sue idee, però. Abbiamo una mentalità molto diversa e io ho fatto l'errore di seguirlo in tutte le sue idee di grandezza... come se si potesse salvare un matrimonio facendo nascere una clinica. Avremmo potuto affittarla, invece.
Era una donna complessa, piena di ambiguità e molto loquace. Le andai vicino, l'abbracciai e la zittii con un bacio.
La ferita nella spalla cominciò a battermi come un secondo cuore.
- Mi dispiace che tu sia ferito - mi disse come se avesse intuito il mio dolore.
- Mi dispiace che « tu » sia ferita, Moira.
- Non sprecare la tua comprensione con me. Sopravviverò. Ma temo che non sarà molto divertente.
- Di cosa stai parlando?
- Una catastrofe, la sento nelle ossa. Ho sangue irlandese, io, lo sapevi?
- Una catastrofe per Nick Mori?
- Per tutti noi. E anche per lui, certo.
- Perché non permetti che lo porti fuori di qui?
- Non posso.
- La sua vita è in pericolo?
- No, finché starà qui.
- Posso vederlo?
- No, mio marito non lo permetterebbe.
- Hai paura di lui? - No, ma lui è il medico e io non sono che un'assistente.
- Quanto tempo ha intenzione di tenere qui Nick?
- Finché non ci sarà più pericolo.
- Chi è la fonte di pericolo?
- Questo non te lo posso dire. Per favore, non farmi più domande! Le domande rovinano tutto.
Ci abbracciammo ancora. Il calore del suo corpo e della sua bocca mi diedero una carica di energia, anche se le nostre menti erano in contrasto e parte della mia stava risalendo la corrente del tempo.
- Vorrei uscire di qui, subito, con te, e non tornarci mai più - disse con voce roca.
- Sei una donna sposata.
- Non per l'eternità.
- Per causa mia?
- No, sta' tranquillo. Mi prometti una cosa?
- Dopo che saprò di cosa si tratta.
- Non parlare a nessuno di Simone, sai, il piccolo impiegato dell'ufficio postale. Ho sbagliato a parlartene.
- Si è rifatto vivo?
Annuì. I suoi occhi erano cupi,
- Non ne parlerai?
- Non ho nessun motivo per farlo.
Stavo sgattaiolando e lei lo capì.
- Rolando, so che sei un uomo che può molto e soprattutto sei tutto di un pezzo. Promettimi che non farai nulla contro di noi, dai a me e a Raffaele la possibilità di risolvere da soli questo problema.
Mi allontanai da lei.
- Non posso fare promesse così alla cieca. Quello che stai dicendo non è per niente chiaro e tu lo sai benissimo.
- Non posso essere chiara e questo è un problema che non si risolve parlando. C'è troppa gente coinvolta, troppi anni di vita.
- Chi è la gente coinvolta?
- Raffaele, io, i Mori, gli Orazi...
- E Simone?
- Sì, anche lui. - I suoi occhi ebbero un guizzo. - Ecco perché tu non devi parlarne con nessuno.
- E tu, perché me ne hai parlato?
- Pensavo di poter avere dei consigli da te e pensavo soprattutto che noi avremmo potuto diventare più amici di quanto lo siamo.
- Dammi tempo.
- È quello che io sto chiedendo a te.
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