giovedì 21 agosto 2008

QUATTORDICI

MI fermai nello studio di Orazi per fargli il resoconto completo. La solita segretaria sembrò felice di ve­dermi.

- Stavo cercando di rintracciar­vi. L'avvocato dice che è urgente.

- È qui?

- No, è a casa Mori.

Emilio mi fece entrare. Orazi era seduto con Mori e sua mo­glie nel soggiorno. Sembrava la sce­na dì una veglia.

- È successo qualcosa a Nick? - domandai subito.

- È scappato - rispose Mori. - Questa notte io non sono nemmeno andato a dormire, ma è riuscito a farmela lo stesso. Si era chiuso nel bagno di sopra e non avrei mai pensato che potesse fuggi­re dalla finestra. Invece lo ha fatto.

- Quanto tempo fa?

- Poco più dì mezz'ora - rispo­se Orazi.

- Accidenti, che guaio!

Mori era tesissimo. La veglia della notte precedente sembrava che gli avesse scavato il viso.

- Speravamo che voi poteste ri­portarcelo!

- Non possiamo mettere di mez­zo la polizia, voi capite - disse sua moglie.

- Capisco. Com'era vestito, si­gnor Mori?

- Come ieri... non si era spogliato, questa notte. Abito grigio, cami­cia bianca e scarpe ne­re.

- Ha portato via qualcosa?

- Sì, purtroppo - rispose anco­ra Orazi. - Le pillole di sonni­fero, dal ripostiglio dei medicinali.

- Per lo meno queste sono le pillole che mancano - corresse Mori.

- Che cosa manca esattamente? - Alcune capsule di Nembutal.

- E una buona dose di reserpina - aggiunse sua moglie.

- Aveva denaro con sé? - chie­si,

- Penso di sì - disse Mori. - Non gli ho tolto il denaro. Non volevo fare nulla che potesse urtar­lo.

- Da che parte è andato?

- Non lo so. Non mi sono accor­to subito che se n'era andato. Temo di non essere un buon guardiano.

L'espressione dì Irene Mori faceva pensare che lei considerasse il marito incapace di fare anche al­tre cose.

Chiesi a Mori di mostrarmi il luogo da dove era fuggito Nick. Sa­limmo per una scala piastrellata, at­traversammo un lungo corridoio sen­za finestre e infine arrivammo al bagno. L'armadietto dei medicinali era aperto. La finestra era larga circa settanta centimetri ma alta quasi un metro. La aprii e mi sporsi.

Su una aiuola di fiori sotto la fi­nestra potevo vedere delle profonde orme, con le punte rivolte verso l'in­terno della casa. Probabilmente Nick si era calato dal davanzale del­la finestra e poi era saltato. Non c'era altra traccia.

Tornai nel soggiorno, dove Irene Mori mi stava aspettando con Orazi.

- Siete molto saggio - mi disse - a non pensare in termini di poli­zia. Non vorrei dirlo né a loro né a nessun altro che è fuggito.

- Non dobbiamo e non inten­diamo farlo - ribadì Mori.

- In che stato d'animo era Nick?

- Buono, in apparenza. Non ha dormito molto, ma siamo riusciti a parlare con molta calma durante la notte.

- VÌ dispiace dirmi di che cosa avete parlato?

- Non mi dispiace affatto: ab­biamo discusso della necessità di ca­pirci di più e della nostra buona vo­lontà di aiutarlo.

- Come ha reagito, Nick?

- Inizialmente, molto male, pur­troppo. Ma poi alla fine mi sembra­va abbastanza calmo.

- Non vi ha parlato di Pesce?

- No, e io mi son ben guarda­to dal toccare l'argomento. - E non ha parlato nemmeno dell'uccisione di un altro uomo av­venuta quindici anni fa?

Mori mi guardò sconcertato.

- Ma che diavolo state dicendo?

- Sorvoliamo per ora. Siete an­cora troppo sconvolto.

- Preferirei non sorvolare affat­to. - Irene Mori si alzò e si avvicinò a me. Aveva profonde oc­chiaie, la pelle giallastra e le lab­bra tremavano impercettibilmente.

- Non potete accusare mio figlio dì un altro delitto!

- Ho fatto solo una domanda.

- Una domanda spaventosa.

- Sono d'accordo - intervenne Orazi, e anche lui si alzò. - Credo che sia ora di andarcene. Questa gente ha passato una terri­bile nottata.

Li salutai con un tono quasi di scusa e seguii Orazi. Emilio ar­rivò di corsa ad aprirci la porta. Ma Irene Mori ci fermò.

- Questo presunto secondo omicidio, dove sarebbe avvenuto, signor Alfonsi?

- Sulla spiaggia di Civitavecchia. Pare che sia stata usata la stessa arma che è servita per uccidere Pesce.

Arrivò anche Mori.

- Come potete saperlo? - mi chiese.

- La polizia ha raccolto le prove balistiche.

- E sospettano Nick? Quindici anni fa aveva solamente otto anni.

- L'ho fatto notare anch'io al commissario La Torre.

Orazi mi guardò sorpreso.

- Ne avete già parlato con lui?

- Non ho risposto alle sue do­mande, ma lui stesso mi ha fornito, nel corso del colloquio, gran parte delle informazioni su quel vecchio delitto.

- E come si è inserito questo ar­gomento tra voi? - chiese ancora.

- È stato La Torre a comincia­re. E io ne ho fatto cenno con voi perché pensavo che fosse mio dove­re.

- Capisco. - I modi di Orazi erano tranquilli e imparziali. - Se non vi dispiace, vorrei discuter­ne in privato coi signori Mori.

Aspettai fuori, nel giardino. Era una chiara giornata di gen­naio, con un venticello sottile. Ma ero oppresso dal peso di tutti que­gli avvenimenti e dall'atmosfera stessa di quella casa. Temevo che i Mori avessero intenzione di licenziarmi. Non era un caso facile, questo, ma dopo un giorno e una notte passati con tutta la gente che vi era coinvolta, desideravo portarlo a termine.

Orazi uscì.

- Mi hanno chiesto di licenziar­vi. Li ho convinti a non farlo.

- Non so se ringraziarvi o no.

- Capisco. Non è gente facile da trattare. Bisogna convincerli che voi non state facendo il doppio gioco con La Torre.

Era una domanda e cercai di ri­spondere.

- No. Dovevo in un ceno senso collaborare con lui. Sta lavorando su questo caso da quindici anni. Io ci sono dentro solo da un giorno.

- Ha fatto delle accuse precise sul conto di Nick?

- Non proprio; ha detto solo che anche un ragazzo dì otto anni può essere capace di usare una ri­voltella.

Gli occhi di Orazi si erano fat­ti più attenti e più chiari.

- Pensate che sia accaduto dav­vero?

- A La Torre piace molto que­sta idea. Sfortunatamente, c'è un cadavere che sostiene la sua tesi.

- Sapete che nome abbia questo cadavere?

- Non è ancora definitivamente stabilito, potrebbe essere un ricerca­to, un certo Enrico Mieli.

- Ricercato per cosa?

- Appropriazione indebita. C'è un'altra cosa che devo dire anche se mi ripugna. - Era la verità. - Ieri Nick, prima che lo riportassi a ca­sa, mi ha fatto una specie di con­fessione di un delitto. E questa con­fessione quadra perfettamente con l'uccisione di Mieli, più ancora che con quella dì Pesce. Forse le con­fessava tutt'e due insieme.

- Dobbiamo riportarlo a casa, il più presto possibile.

- Dov'è Betty?

- Non vi permetto di usare mia figlia come esca o come uccello di richiamo.

- O come donna, visto che lo è?

- Prima di tutto è mia figlia. E non voglio che venga coinvolta in un caso di omicidio.

Non mi presi la briga di ricordar­gli che lo era già.

- Nick ha qualche amico col quale potrei parlare?

- Ne dubito. È sempre stato un solitario, cosa che non mi è mai pia­ciuta... Il dottor Sandri potreb­be esservi di molto aiuto, ammesso che riusciate a parlargli. Io ci sto provando da quindici anni. Credo che entrambi soffriamo di una sorta di incompatibilità professionale.

- Avete detto quindici anni... - Orazi mi interruppe.

- Ricordo che successe qualcosa di strano a Nick, quando faceva la seconda o la terza elementare. Un giorno dopo la scuola non tornò a casa. Sua madre mi telefonò e mi chiese cosa doveva fare. Le diedi al­cuni consigli di carattere generale. Se li abbia seguiti o no, non lo so ancora. Ma il ragazzo il giorno dopo era a casa. E Sandri lo sta curando da allora. Senza molto succes­so, potrei aggiungere.

- La signora Mori non vi ha mai detto che cosa era successo?

- Nick era fuggito o era stato rapito, ma sono più propenso alla seconda ipotesi. E credo - Orazi arricciò il naso come se avesse sentito un cattivo odore - credo che c'entri il sesso.

- L'avete già detto ieri. In che modo, il sesso?

- Un anormale - rispose bre­vemente.

- Ve lo ha detto la signora Mori?

- Non esplicitamente. Tutti tac­ciono su questo argomento. - La sua voce si smorzò.

- Intorno ai delitti c'è sempre un profondo silenzio.

- Ma un ragazzo di otto anni non può commettere un delitto, in nessun senso!

- Lo so. Però un ragazzo di otto anni non se ne rende conto, special­mente se intorno a lui nessuno ne parla.

Orazi era a disagio.

- Temo che arriviate troppo in fretta alle conclusioni, signor Alfonsi.

- Queste non sono conclusioni, sono ipotesi.

- Non siete andato un po' trop­po oltre il vostro incarico iniziale?

- Ce l'aspettavamo tutti, no? Comunque, vorrei che riconsideraste la faccenda Betty. Forse vostra figlia sa dove sì trova Nick.

- Non lo sa. Gliel'ho già chiesto io.

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