venerdì 5 settembre 2008

DICIASSETTE

Al pronto soccorso dell'ospedale erano tutti molto affaccendati per via di un incidente appena accaduto. Cercai e trovai una barella, la por­tai fuori, caricai Nìck e lo spinsi davanti al banco di accettazione.

- Questo ragazzo ha bisogno di una lavanda gastrica. È pieno di barbiturici.

- Un altro? - disse l'infermie­ra.

Mi diede un foglio da riempire. Poi guardò il viso di Nick e rimase profondamente colpita dalla sua as­soluta mancanza di espressione.

Mi aiutò a condurre Nick in am­bulatorio e chiamò un giovane me­dico che aveva un nome armeno.

- Sapete cosa abbia preso?

- Sì - mostrai i due flaconcini. Avevano un'etichetta che, oltre il nome del medicinale contenuto, portava il nome di Lorenzo Mori.

- Ma non li avrà certo presi tut­ti! - fece il dottore.

- Non so se erano pieni, ma non credo.

- Speriamo. Venti capsule sol­tanto di Nembutal bastano per uccidere due uomini.

Mentre parlava, il dottore comin­ciò a infilare una cannuccia di pla­stica flessibile nel naso di Nick. Dis­se all'infermiera di coprirlo con una coperta e di preparare una iniezione di glucosio. Poi si rivolse ancora a me.

- Da quanto tempo ha ingoiato queste pillole?

- Non lo so esattamente. Forse due ore. Ma che roba è?

- Sono dei tranquillanti che si usano in caso di ipertensioni o per trattamenti psichiatrici. Il ragazzo aveva disturbi di carattere?

- In un certo senso.

- Capisco. Siete un parente?

- Un amico.

- Ve lo chiedo, perché dobbia­mo ricoverarlo e in casi come questi l'ospedale esige che il paziente ab­bia una sorveglianza continua. E le infermiere private costano.

- Non è un problema, allora. Suo padre è milionario.

- Non scherziamo. Inoltre, per ammetterlo avremmo bisogno di parlare anche col suo medico curante. D'accordo?

- Farò del mio meglio, dottore.

Da una cabina telefonica chiamai casa Mori. Rispose la signora.

- Sono Archer. Posso parlare con vostro marito?

- Non c'è, È uscito per cercare Nick.

- È inutile, l'ho già trovato.

- Sta bene?

- No. Ha preso le pillole e ora stanno facendogli la lavanda gastrica. Sto chiamando dall'ospedale di Civitavecchia. Avete capito?

- Sì, l'ospedale di Civitavecchia. Lo conosco. Verrò subito.

- Portate con voi il dottor Sandri e l'avvocato Orazi.

- Non sono sicura se potranno.

- Dite loro che è molto urgen­te, e lo è davvero, signora Mori.

- Sta morendo?

- Potrebbe anche morire. Spe­riamo dì no. Portate anche un libret­to di assegni. Ha bisogno di una in­fermiera specializzata.

- Sì, certo, grazie. - La sua voce era spenta e dubitai che avesse capito.

- Ho detto di portare il libretto degli assegni e del denaro contante - ripetei.

- Sì, certo.

- Ce la farà, signora Chalmers.

Cominciò a piangere. L'ascoltai per un po', finché appese.

Poiché era doveroso farlo, telefo­nai al Dipartimento di Polizia di Civitavecchia e diedi all’agente di tur­no l'indirizzo di Giorgio Grazioli.

- È successo un incidente - dissi.

- Che genere di incidente? - Hanno ucciso una donna - La voce dell’agente divenne più profonda e più interessata.

- Il vostro nome, per favore?

Riagganciai e mi appoggiai alla parete. Avevo la testa vuota, e cre­detti di essere sul punto di svenire. Vagai per l'ospedale finché trovai il bar. Bevvi un paio di bicchieri di latte, mangiai un paio tramezzini e una fetta di torta. Ma tutti gli av­venimenti di quella mattina mi ave­vano chiuso lo stomaco.

Tornai nell'ambulatorio dove si trovava Nick.

- Come va? - chiesi.

- E ancora presto per dirlo. Se compilate il modulo, Io possiamo ri­coverare provvisoriamente in una stanza privata. Bene?

- Bene. Entro un'ora al massi­ mo arriveranno sua madre e il suo psichiatra.

- È molto malato?

- Di mente, volete dire? Abba­stanza.

Dalla tasca del camice prese un pezzetto di carta mezzo stracciato.

- È uscito dalla sua tasca.

Me lo porse: era una annotazio­ne scritta a matita. Diceva: «Sono un assassino e merito di morire. Pa­pa e mamma, perdonatemi. Betty, ti amo».

- Non è un assassino, vero?

- No. - La mia risposta non convinse nemmeno me, ma il dotto­re l'accettò.

- Bisognerebbe consegnare que­sto alla polizia - disse. - Ma non è il caso dì creare ulteriori guai al ragazzo.

Piegai il foglietto e lo misi nel portafoglio.

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