DICIASSETTE
Al pronto soccorso dell'ospedale erano tutti molto affaccendati per via di un incidente appena accaduto. Cercai e trovai una barella, la portai fuori, caricai Nìck e lo spinsi davanti al banco di accettazione.
- Questo ragazzo ha bisogno di una lavanda gastrica. È pieno di barbiturici.
- Un altro? - disse l'infermiera.
Mi diede un foglio da riempire. Poi guardò il viso di Nick e rimase profondamente colpita dalla sua assoluta mancanza di espressione.
Mi aiutò a condurre Nick in ambulatorio e chiamò un giovane medico che aveva un nome armeno.
- Sapete cosa abbia preso?
- Sì - mostrai i due flaconcini. Avevano un'etichetta che, oltre il nome del medicinale contenuto, portava il nome di Lorenzo Mori.
- Ma non li avrà certo presi tutti! - fece il dottore.
- Non so se erano pieni, ma non credo.
- Speriamo. Venti capsule soltanto di Nembutal bastano per uccidere due uomini.
Mentre parlava, il dottore cominciò a infilare una cannuccia di plastica flessibile nel naso di Nick. Disse all'infermiera di coprirlo con una coperta e di preparare una iniezione di glucosio. Poi si rivolse ancora a me.
- Da quanto tempo ha ingoiato queste pillole?
- Non lo so esattamente. Forse due ore. Ma che roba è?
- Sono dei tranquillanti che si usano in caso di ipertensioni o per trattamenti psichiatrici. Il ragazzo aveva disturbi di carattere?
- In un certo senso.
- Capisco. Siete un parente?
- Un amico.
- Ve lo chiedo, perché dobbiamo ricoverarlo e in casi come questi l'ospedale esige che il paziente abbia una sorveglianza continua. E le infermiere private costano.
- Non è un problema, allora. Suo padre è milionario.
- Non scherziamo. Inoltre, per ammetterlo avremmo bisogno di parlare anche col suo medico curante. D'accordo?
- Farò del mio meglio, dottore.
Da una cabina telefonica chiamai casa Mori. Rispose la signora.
- Sono Archer. Posso parlare con vostro marito?
- Non c'è, È uscito per cercare Nick.
- È inutile, l'ho già trovato.
- Sta bene?
- No. Ha preso le pillole e ora stanno facendogli la lavanda gastrica. Sto chiamando dall'ospedale di Civitavecchia. Avete capito?
- Sì, l'ospedale di Civitavecchia. Lo conosco. Verrò subito.
- Portate con voi il dottor Sandri e l'avvocato Orazi.
- Non sono sicura se potranno.
- Dite loro che è molto urgente, e lo è davvero, signora Mori.
- Sta morendo?
- Potrebbe anche morire. Speriamo dì no. Portate anche un libretto di assegni. Ha bisogno di una infermiera specializzata.
- Sì, certo, grazie. - La sua voce era spenta e dubitai che avesse capito.
- Ho detto di portare il libretto degli assegni e del denaro contante - ripetei.
- Sì, certo.
- Ce la farà, signora Chalmers.
Cominciò a piangere. L'ascoltai per un po', finché appese.
Poiché era doveroso farlo, telefonai al Dipartimento di Polizia di Civitavecchia e diedi all’agente di turno l'indirizzo di Giorgio Grazioli.
- È successo un incidente - dissi.
- Che genere di incidente? - Hanno ucciso una donna - La voce dell’agente divenne più profonda e più interessata.
- Il vostro nome, per favore?
Riagganciai e mi appoggiai alla parete. Avevo la testa vuota, e credetti di essere sul punto di svenire. Vagai per l'ospedale finché trovai il bar. Bevvi un paio di bicchieri di latte, mangiai un paio tramezzini e una fetta di torta. Ma tutti gli avvenimenti di quella mattina mi avevano chiuso lo stomaco.
Tornai nell'ambulatorio dove si trovava Nick.
- Come va? - chiesi.
- E ancora presto per dirlo. Se compilate il modulo, Io possiamo ricoverare provvisoriamente in una stanza privata. Bene?
- Bene. Entro un'ora al massi mo arriveranno sua madre e il suo psichiatra.
- È molto malato?
- Di mente, volete dire? Abbastanza.
Dalla tasca del camice prese un pezzetto di carta mezzo stracciato.
- È uscito dalla sua tasca.
Me lo porse: era una annotazione scritta a matita. Diceva: «Sono un assassino e merito di morire. Papa e mamma, perdonatemi. Betty, ti amo».
- Non è un assassino, vero?
- No. - La mia risposta non convinse nemmeno me, ma il dottore l'accettò.
- Bisognerebbe consegnare questo alla polizia - disse. - Ma non è il caso dì creare ulteriori guai al ragazzo.
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