venerdì 12 settembre 2008

VENTITRE

Tornammo nella sala d'aspetto. Il dottor Sandri e sua moglie stavano parlando con Lorenzo Mori. Il medico mi salutò con un sorriso molto formale.
- Moira mi ha detto che l'avete portata fuori a colazione. Vi ringrazio molto.
- È stato un piacere. Che possibilità ho di parlare col vostro paziente?
- Pochissime. Direi nessuna. Nemmeno per un minuto?
- Non sarebbe una buona idea,per ragioni psichiche e fisiche.
- Come sta?
- È in un terribile stato emotivo post-traumatico ed è molto depresso. Effetto dovuto in gran parte alla dose eccessiva di barbiturici e per di più ha anche subito un trauma cranico.
- La causa?
- Direi che è stato colpito nella parte posteriore della testa con un oggetto contundente. Ma la medicina legale non è il mio campo. Comunque, reagisce molto bene, e fio vi debbo ringraziare per averlo portato qui in tempo.
- Anche noi - fece Mori e mi strinse le mani. - Avete salvato la vita di mio figlio.
- Siamo stati fortunati e sarebbe bello se la fortuna continuasse.
- Che volete dire esattamente?
- Credo che la stanza di Nick debba essere sorvegliata.
- Pensate che possa fuggire una altra volta? - domandò Mori.
- Anche questo è possibile, ma la mia idea era diversa. Io intendevo dire che Nick deve essere protetto.
- Ci sono le infermiere - intervenne Sandri.
- Ha bisogno di una guardia armata. Ci sono già stati troppi delitti, non ne vogliamo un altro.
Mi rivolsi a Mori.
- Potrei procurarvi una persona di mia fiducia.
- Certamente - rispose Mori.
Scesi e feci un paio di telefonate. La prima a un'agenzia di Roma e qui mi dissero che avrebbero mandato un certo Ferraro entro un'ora. Poi telefonai allo Stabilimento Carmen. Mi rispose la signora Pera, con voce molto preoccupata.
- Sono Alfonsi. Roberto Franchi è per caso tornato?
- No, e probabilmente non tornerà, - Abbassò la voce. - Non siete il solo a cercarlo. Hanno piantonato questo luogo.
La cosa mi fece piacere perché mi risparmiava una fatica.
- Grazie, signora Pera, e non prendetevela.
- È più facile a dirsi che a farsi. Perché non mi avete detto che Sandro Pesce era morto?
- Non avrebbe migliorato la situazione.
- Già. Comunque, appena tutta questa storia sarà finita, metterò in vendita lo stabilimento.
Le augurai buona fortuna e uscii a prendere una boccata d'aria. Poco dopo Moira Sandri mi raggiunse. Accese una sigaretta e cominciò a fumare nervosamente.
- Tu non fumi? - mi chiese.
- Ho smesso.
- Anch'io. Fumo solo quando sono fuori di me.
- Cosa è successo?
- Raffaele. Anche stanotte dormirà in ospedale. È come se fossi sposata a un trappista.
La sua ira mi parve molto superficiale, come se volesse fare da paravento a qualche pensiero segreto. Aspettai. Moira buttò la sigaretta.
- Odio i motels - disse. - Torni a Roma stasera?
- Sì zona nord. Ti posso comunque accompagnare.
- Sei molto gentile. - Cercavamo entrambi di nascondere sotto un linguaggio formale una notevole tensione. - Come mai vai nella zona nord di Roma?
- Ci abito e mi piace dormire a casa mia. È l'unica abitudine della mia vita.
- Pensavo che tu odiassi le abitudini. A pranzo mi hai detto che ti piaceva molto entrare e uscire nelle esistenze altrui.
- È vero, soprattutto nei riguardi della gente che incontro per motivi di lavoro.
- Come me?
- Non stavo pensando a te.
- Oh? Già, erano soltanto affermazioni di carattere generale - disse con una certa ironia - alle quali tutti devono adattarsi.
Un giovanotto alto, dalle spalle quadrate, vestito di scuro, comparve dal parcheggio e si diresse verso l'ingresso dell'ospedale. Lo chiamai.
- Ferraro?
- Sissignore.
Dissi a Moira che sarei tornato subito e accompagnai Ferraro all'ascensore.
- Non lasciar entrare nessuno - gli dissi - tranne il personale dell'ospedale... medici e infermiere, e la famiglia, s'intende.
- Come faccio a sapere chi sono?
- Te li presenterò. Comunque, stai attento soprattutto agli uomini, sia che portino il camice o no. Non lasciar entrare nessun uomo, a meno che non sia presente un'infermiera o un medico che tu conosci e che garantisca per lui.
- Temi che possano tentare un delitto?
- Potrebbe accadere. Sei armato?
Ferraro aprì la giacca e mi mostrò la rivoltella che teneva nella fondina sotto le ascelle.
- Ma da chi devo guardarmi soprattutto? - insistette.
- Sfortunatamente non lo so. Un'altra cosa. Stai attento che il ragazzo non scappi. Ma non usare la forza con lui. È tutto.
- Ho capito.
Lo condussi davanti alla camera di Nick e chiesi all'infermiera di farmi parlare col dottor Sandri. Il dottore aprì l'uscio e uscì. Ebbi una fugace visione di Nick giacente sul letto a occhi chiusi, col naso puntato verso il soffitto e i genitori seduti accanto a lui.
La porta si richiuse silenziosamente. Presentai Ferraro al medico.
- Sono proprio necessarie tutte queste precauzioni?
- Credo di si.
- Io no, invece. E non ho nessuna intenzione di lasciarvi mettere quest'uomo nella camera del malato.
- Sarebbe una cosa molto rassicurante se potesse star dentro.
- Rassicurante... contro cosa?
- Un possibile tentativo di omicidio.
- È ridicolo. Il ragazzo qui è al sicuro. E poi, chi mai vorrebbe ucciderlo?
- Chiedetelo a lui.
- Non lo farò.
- Posso domandarglielo io?
- No, non è in condizioni...
- Quando lo sarà?
- Mai, se avete in testa di maltrattarlo.
- Maltrattare è una parola pesante. State tentando di irritarmi?
- Se così fosse, potrei dire di esserci riuscito - e scoppiò a ridere.
- Che cosa state coprendo, dottore?
- Il mio diritto e il mio dovere professionale di proteggere un paziente. E nessun poliziotto dilettante parlerà con lui né ora né mai, finché potrò evitarlo. È chiaro?
- E io? - interloquì Ferraro. - Sono assunto o licenziato?
Ingoiai la mia rabbia.
- Sei assunto - gli dissi. - Ma il dottore vuole che tu stia fuori, nel corridoio. Se qualcuno ti chiedesse con quale diritto sei qui, digli che sei stato assunto dal signor Mori per proteggere il figlio. Il dottor Sandri o una delle infermiere ti presenteranno ai genitori dì Nick non appena sarà possibile.
- Posso aspettare - mormorò Ferraro.

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